L'Oratio pro Tito Annio Milone (Orazione in difesa di Tito Annio Milone) è un discorso giudiziario che avrebbe dovuto essere pronunciato nel 52 a.C. dall'oratore romano Marco Tullio Cicerone.
Tito Annio Milone era un importante politico della fazione degli optimates, in conflitto con il popolare Publio Clodio Pulcro, leader della plebe romana. I due scatenarono gravi e violenti disordini mediante la creazione di bande di schiavi armati e gladiatori; il 18 gennaio del 52 a.C., infine, si incontrarono presso Bovillae, sulla via Appia, e nello scontro che si originò Clodio fu ucciso.
Di fronte alle manifestazioni popolari che si scatenarono, fu impossibile per gli optimates evitare che Milone fosse citato in giudizio: il processo per la morte di Clodio si tenne in aprile, e a presentare le ragioni dell'accusa furono Marco Antonio e Appio Claudio Pulcro, consolare e fratello di Clodio. La difesa fu affidata, invece, ai principali oratori, tra cui, appunto, Cicerone.
Questi, tuttavia, salito sui rostra, le tribune del Foro da cui gli oratori parlavano, impaurito dal numero di persone radunatesi, non riuscì a pronunciare la sua orazione, e il suo discorso fu anzi stentato ed inconcludente:[1]
«[...] Uscito dalla lettiga, quando vide Pompeo che presidiava il foro, in alto, come in un accampamento, e tutto in giro le armi che splendevano, si confuse, e diede inizio a fatica al suo intervento, tremando da capo a piedi e con la voce alterata, mentre Milone assisteva al dibattimento con audacia e sfrontatezza. [...]»
Milone fu dunque condannato per i voti di 12 senatori su 18, 13 equites su 17 e 16 tribuni dell'erario su 19, e costretto a ritirarsi in esilio a Marsiglia[2].
Più tardi, Cicerone riscrisse e pubblicò l'orazione che avrebbe voluto pronunciare in occasione del processo a Milone, facendone il capolavoro dell'arte oratoria romana: lo stile è particolarmente curato ed equilibrato, le argomentazioni precise e sottili[1].